Stats Tweet

Cuoco, Vincenzo.

Scrittore, storico e pedagogista italiano. Figlio di un avvocato, nel 1787 si trasferì a Napoli, dove si accostò ai maggiori illuministi napoletani. Discepolo di Antonio Genovesi e di Mario Pagano, intraprese studi giuridici, filosofici, storici e letterari, appassionandosi alla lettura di Machiavelli e Vico. Con Galanti collaborò alla stesura del IV volume della Descrizione geografica e politica delle Due Sicilie. A differenza degli altri letterati napoletani C. non divenne però un entusiasta sostenitore degli ideali rivoluzionari francesi o almeno il suo nome non compare tra i frequentatori dei club clandestini e degli animatori di congiure giacobine degli anni Novanta. Tuttavia nel 1799, dopo l'entrata dei Francesi a Napoli, divenne uno dei promotori della Repubblica partenopea; accettò incarichi minori e fu consultato da Pagano per la redazione della Costituzione. Al ritorno dei Borboni fu arrestato e mandato in esilio. Dopo aver soggiornato a Marsiglia e a Parigi, si stabilì a Milano (1800) dove strinse rapporti di amicizia con Manzoni. In questi anni, meditando sugli avvenimenti napoletani del 1799, scrisse il Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli (1801) (una seconda edizione più moderata e filonapoleonica venne edita nel 1806). In modo lucido C. analizzò i fatti della rivoluzione napoletana cercando di individuare le ragioni del suo fallimento attraverso il confronto con quella francese. Mentre la Francia rivoluzionaria era riuscita con successo a modellare sulla sua propria costituzione quella dei Paesi conquistati, C. attribuì l'insuccesso di quella napoletana al fatto che fosse stata voluta e imposta da elementi stranieri e che fosse stata guidata da un gruppo di intellettuali incapaci di comprendere le necessità dei ceti popolari (vera molla di ogni rivoluzione), rimasti estranei all'azione. Il libro nacque in un clima in cui si sentiva l'esigenza di rimediare criticamente ai fatti del triennio 1796-99 e rispondeva al desiderio della classe media ormai incline a forme di governo più stabili e forti. Proprio questo ne determinò l'immediato successo, consentendo a C. di ottenere incarichi nella neonata Repubblica Cisalpina e di essere chiamato a collaborare con il "Redattore Cisalpino". Nel 1802 ricevette l'incarico di redigere le Osservazioni sul dipartimento dell'Agogna, mentre nel 1803 F. Melzi si rivolse a lui perché progettasse un giornale che formasse lo spirito italiano e promuovesse il consenso al nuovo regime. C. accettò e assunse nel 1804 la direzione del "Giornale Italiano" in cui pubblicò numerosi articoli di storia, di economia, di politica e di diritto, divenendo il massimo rappresentante della cosiddetta Monarchia amministrativa che il regime napoleonico voleva promuovere. Negli stessi anni C. scrisse il Platone in Italia (1806) sul modello del Viaggio del giovane Anacarsi di J.-J. Barthélemy. Sulla scorta del pensiero vichiano e sospinto dall'ideale di patria e dall'orgoglio nazionale, C. immaginava che il filosofo, viaggiando attraverso le città della Magna Grecia, trovasse nelle istituzioni e in ogni manifestazione della civiltà un'antica sapienza italica precedente quella ellenica. Nel 1806, entrato in contrasto in merito alla proprietà del giornale, lasciò Milano per ritornare a Napoli dove nel frattempo si era insediato un Governo filofrancese. Ottenne alti incarichi nell'amministrazione dello Stato: venne nominato consigliere del Sacro Regio Consiglio, membro della ripartizione dei demani feudali (1807), consigliere di Stato (1810), direttore generale del Tesoro (1812). Nel 1809 re Gioacchino lo chiamò a far parte della commissione incaricata di preparare un progetto di legge sulla pubblica istruzione. C. elaborò il Progetto di decreto per l'ordinamento della Pubblica istruzione nel Regno di Napoli: affidò allo Stato il compito esclusivo dell'istruzione che doveva essere universale, abbracciando le scienze e le arti, e pubblica, in quanto ad essa avevano diritto, indistintamente, tutti i cittadini. C. ribadì la necessità dell'insegnamento elementare obbligatorio, gratuito ed esteso anche alle donne; diede inoltre grande spazio agli insegnamenti tecnici e giuridici tracciando il quadro di una scuola che, fondata sul lavoro, aveva il compito di promuovere il miglioramento del popolo nelle arti e nei mestieri. Grande importanza attribuiva inoltre all'istruzione universitaria chiamata a sviluppare le scienze e a tal fine progettò l'istituzione di quattro università (Napoli, Chieti, Altamura, Catanzaro) con cinque facoltà ciascuna, dalle Lettere alla Filosofia, alle Scienze fisiche e matematiche, alla Medicina, alla Legge, alla Teologia. Dopo la restaurazione borbonica (1815) visse appartato (Civitacampomarano 1770 - Napoli 1823).